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Ramin Bahrami al Politeama

Avrà luogo martedì 20 dicembre alle ore 21.15 presso il Teatro Politeama di Palermo, il concerto di Ramin Bahrami, in programma musiche di Domenico Scarlatti e Johann Sebastian Bach

NOTE D’AUTORE

Ramin Bahrami è nato a Teheran nel 1976, ma vive da molti anni nel nostro Paese (dove è giunto in esilio con la sua famiglia alla fine degli anni Settanta). Allievo di Piero Rattalino al Conservatorio “Giuseppe Verdi” di Milano (dove si è diplomato con il massimo dei voti e la lode), ha proseguito i suoi studi all’Accademia Internazionale di Imola e alla Musikhochscule di Stoccarda, perfezionandosi al fianco di Robert Levin, András Schiff, Rosalyn Tureck e Alexis Weissenberg. Fra le tappe essenziali della sua carriera si ricordano il debutto alla Wigmore Hall di Londra e al Festival de la Roque d’Anthéron; l’esecuzione dell’Arte della fuga di Bach nell’ambito del Festival Pianistico Internazionale di Brescia e Bergamo; l’invito dell’Accademia di Santa Cecilia a prendere parte al ciclo di concerti “Solo Piano”, al fianco di solisti come Daniel Barenboim, Evgenij Kissin, Maurizio Pollini, Grigory Sokolov e Yean-Ives Thibaudet.

Note al programma

Domenico è il figlio del compositore palermitano Alessandro Scarlatti ed è nato a Napoli lo stesso anno, il 1685, in cui nasce anche Johann Sebastian Bach. Al di là delle coincidenze storiche e anagrafiche, la loro musica per strumento a tastiera non potrebbe tuttavia essere più diversa. Racchiusa nello splendido isolamento delle corti di Lisbona e di Madrid, la creatività scarlattiana si cimenta soprattutto con il genere della Sonata bipartita in un solo movimento, all’interno della quale egli “persegue il principio della sistemazione delle idee in zone tonali ben precise” e corrispondenti, per grandi linee, all’arco “della modulazione dalla tonica alla dominante e del successivo ritorno alla tonica” (Basso). L’insistenza quasi ossessiva su quest’unica struttura formale non determina però alcun effetto di monotonia: al contrario, il linguaggio scarlattiano appare costantemente variato da gesti creativi che alludono al folclore spagnolo o allo stile concertante, in un quadro segnato da un costante e brillante virtuosismo esecutivo.

Nelle opere di Bach prevale viceversa la dimensione didattica e sistematica (che sottende alle Invenzioni a 2 e 3 voci e al grande ciclo del Clavicembalo ben temperato) oppure, in alternativa, il rapporto con il mondo della danza stilizzata. A questo versante appartengono, per esempio, le due raccolte gemelle delle 6 Suites inglesi BWV 806-811 e delle 6 Suites francesi BWV 812-817, che risalgono entrambi al cosiddetto periodo di Köthen (1717-1723). In particolare, la Suite in sol maggiore BWV 816 si segnala per lo stile assai estroverso e la presenza, all’interno del tipico schema Allemada-Corrente-Sarabanda-Giga di tre “galanterie” (Gavotta, Bourée e Loure) scelte fra le danze più in voga alla corte di Versailles. La Suite in la minore BWV 807 prende invece le mosse da un grande Preludio concepito come un’irrefrenabile, virtuosistica invenzione a 2 voci. Il resto dell’opera si costituisce di un’Allemada severa ed espressiva, di una vivace Corrente, di un’ascetica Sarabanda (seguita dal suo Double con variazioni), di una coppia di Bouréè (in la maggiore e in la minore) e di una Giga assai brillante e gioiosa.

L’Aria e 10 Variazioni nello stile italiano BWV 989 è probabilmente l’opera più nota del periodo di Weimar (1708-1717) e una delle poche in cui Bach si riferisce esplicitamente alla forma del tema con variazioni. Preannunciando il più vasto polittico delle Variazioni Goldberg BWV 988, l’autore dispiega un’ampia varietà di linguaggi diversi e alterna passaggi in contrappunto a brani più lirici o, al contrario, esplicitamente virtuosistici.

Il cosiddetto Concerto nello stile italiano BWV 971 costituisce invece, con l’Ouverture nello stile francese BWV 831, la seconda parte della Clavier-Übung (“Esercizio per tastiera”) pubblicata da Bach in occasione della fiera di Pasqua del 1735. Le due composizioni “rimettono in gioco l’annosa ma sempre attuale polemica che poneva a confronto, en parallèle, il modo di essere della musica italiana e di quella francese” (Basso). In particolare, l’Ouverture appare formalmente più libera, quasi asimmetrica e dominata dallo spirito della danza; nel Concerto riaffiora invece la classica struttura tripartita “veloce-lento-veloce” e Bach sembra concludere e riassumere i suoi rapporti, ormai ventennali, con lo stile vivaldiano: “Dalle trascrizioni […] realizzate per il solo clavicembalo ai tempi di Weimar egli giunge infatti alla creazione di un Concerto concepito sulla falsariga di quelle elaborazioni, testimonianza finale di un processo di osmosi stilistica che non conosce più ostacoli” (Basso).

PREZZI: intero € 35 / ridotto € 25 / anfiteatro € 15

 

 
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