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LE MATRIARCHE

 

 

 

 

Sabato 2 luglio alle ore 18 Presso il Museo d’arte contemporanea di Gibellina sarà inaugurata da Ludovico Corrao, Presidente della Fondazione Orestiadi e da Rosario Fontana sindaco di Gibellina, la mostra “LE MATRIARCHE: SABO/BDS MORO” curata da Eva Di Stefano e realizzata in collaborazione con l’Osservatorio Outsider Art dell’Università di Palermo.

La mostra presenta i lavori di due artisti la cui opera è annoverabile nell’Art Brut o Outsider “…cioè autori autodidatti, senza una cultura artistica, in una condizione socio-esistenziale marginale, animati da una vocazione totalizzante, dotati di immaginazione originale e capaci di creare da soli un proprio vocabolario espressivo…” e intende oltre che riportare all’attenzione il caso di Sabo, valorizzando la ricca collezione in possesso del Museo Civico di Gibellina, presentare per la prima volta le straordinarie opere di Salvatore Bentivegna detto il Moro. Sono in mostra a documentare i complessi percorsi dei due autori: 20 disegni, 13 sculture e 14 microsculture del Moro provenienti dalla collezione privata di Vincenzo Rocchè e 30 tele di Sabo, selezionate dalle circa 90 opere conservate nei depositi del Museo d’Arte Contemporanea di Gibellina. La mostra è accompagnata da un quaderno con testo critico e schede biografiche di Eva Di Stefano, e le testimonianze di Vincenzo Rocchè e di Michele Canzoneri. Il progetto si inserisce nel programma di collaborazione tra la Fondazione Orestiadi di Gibellina e il Museo d’Arte Contemporanea della città.

Sia Sabo che BSD Moro, nati nella prima metà del novecento, al momento dello sbarco americano avevano rispettivamente 27 e 20 anni,  se Sabo proseguì la sua vita all’ombra delle donne di famiglia, da cui era protetto, mantenuto e ossessionato, il Moro si rivelò inetto a mantenere la sua e fu cacciato di casa platealmente dalla moglie appena uno dei figli maschi fu in età di lavoro. In ambedue i casi c’è la rappresentazione di un mondo popolare dove le donne di casa hanno lo scettro vero del comando e l’uomo, che ne detiene solo l’apparenza, insegue le proprie chimere tollerato con condiscendenza o inchiodato nella ripulsa. Ambedue dettero vita nelle loro opere, quando scoprirono la necessità dell’arte, a femmine potenti: demoni lussuriosi e metamorfici per Sabo; energie della natura e intangibili dee per il Moro. La loro opera ebbe esiti diversi: Sabo riuscì ad acquisire in vita una certa notorietà locale, mentre il Moro, misconosciuto dai suoi concittadini di Sciacca e forse schiacciato dall’omonimia con Filippo Bentivegna, noto scultore di teste anche lui autodidatta e stravagante, è rimasto ignoto.  La mostra pone in essere, una chiave di lettura unificante dei due percorsi creativi, ciascuno dei due con caratteristiche proprie e originalissime nell’iconografia e nella qualità tecnica, il tema Le Matriarche per porre l’accento su un’emergenza costante dell’immaginario siciliano.

Note biografiche

SABO (Salvatore Bonura) Palermo 1916-1975 Figlio di un salumiere, ha un rapporto privilegiato con le donne della sua famiglia che continua per tutta la sua vita. Interrotti gli studi poco dopo le scuole elementari, si dedica con scarso successo al commercio. Sotto le armi durante la seconda guerra mondiale, al ritorno si sposa senza però riuscire ad adattarsi alla vita pratica e senza intraprendere con continuità nessuna attività lavorativa. Inizia a dipingere da autodidatta intorno ai cinquant’anni. Dopo l’incontro con il giovane artista Michele Canzoneri che lo incoraggia, conosce alla fine del 1968 l’imprenditore Liborio Teresi che si appassiona al suo universo figurativo metamorfico e ossessivo decidendo di diventare il suo mecenate. Da quel momento in poi si firma Sabo e, al riparo da preoccupazioni economiche, produce centinaia di quadri fino alla morte per tumore. Sue opere si trovano presso il Museo Civico di Gibellina (Tp), la Collection de l’Art Brut di Losanna, la Fabuloserie di Dicy in Francia, e in alcune collezioni private siciliane.

BSD MORO (Salvatore Bentivegna) Sciacca 1923- 2002 Omonimo del più noto concittadino Filippo, con cui non ha però nessun rapporto di parentela, anche Salvatore Bentivegna, detto “Turiddu u moru”, scolpisce la pietra e il legno già a partire dagli anni ’50, firmandosi con le iniziali e il soprannome in più varianti, tra le quali la più frequente è BSD MORO. Analfabeta, uomo di mare e pescatore finché non scampa a un naufragio, padre di dieci figli ma allontanato dalla sua stessa famiglia a causa della sua stravaganza, sopravvive raccogliendo e rivendendo saltuariamente origano e verdure selvatiche. Conduce una vita marginale, quasi da barbone, in una stanza senza finestre e sotto il piano stradale, che si riempe delle sue opere, frutto di un’attività incessante, e depositate anche in una baracca di legno alla periferia della città, segnalata da un’insegna latineggiante: “Sculpitor in petra naturale”. Si tratta di raffinate statuine in pietra tufacea che rappresentano divinità e creature primordiali, bastoni finemente intagliati con figure zoomorfe, numerosi disegni. Temi principali sono la bipolarità dell’esistenza, il dialogo e il conflitto tra uomo e natura, l’inaccessibile superiorità del principio femminile. Ha una concezione animista della natura che è l’unica religione che riconosce: si definisce “sacerdote della natura” e “raccoglitore”, considera le sue figure preesistenti e il proprio intervento una sorta di pratica cultuale. Preso in considerazione solo da pochi appassionati che acquistavano i suoi lavori quando era in vita, e che oggi ne conservano ancora un gran numero, le sue opere sono rimaste fino ad oggi sconosciute.

 

LUGLIO 2011 – 12 SETTEMBRE 2011

Orari di apertura 9/13     16/19 domenica e lunedì chiuso

Museo d’arte contemporanea   Viale Segesta    Gibellina

 
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