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Un caffè alla Goldoni

Al Teatro Musco dal 5 al 9 febbraio per il cartellone del Teatro Stabile di Catania in scena: Chicchi di vizi e virtù: è la variegata miscela del “Caffè” di Goldoni. Nuovo allestimento di una commedia evergreen, la regia è firmata da Nicola Alberto Orofino, che si avvale delle scene di Federica Buscemi e dei costumi di Graziana Allegra. Sul palco : Alessandra Barbagallo, Francesco Bernava, Egle Doria, Barbara Gallo, Silvio Laviano, Marcello Montalto, Carmen Panarello, Emanuele Puglia e Francesco Vitale.

 A Venezia, in pieno Carnevale, il caffettiere Ridolfo s’’interessa della sorte del giovane mercante di stoffe Eugenio, che da qualche tempo frequenta assiduamente il casinò di Pandolfo compromettendo le proprie finanze. Ingenti sono infatti le perdite che ha accumulato giocando a carte con Flaminio, un giovane torinese che si spaccia per nobile. La moglie di Eugenio, Vittoria, cerca invano di far ravvedere il marito, mentre Placida, consorte di Flaminio, ignara della nuova identità assunta dal coniuge, arriva a Venezia travestita da pellegrina e si ritrova in balia delle insidie intessute da don Marzio. Quest’ultimo è un nobile napoletano in decadenza, prepotente, ambiguo e chiacchierone, che prova piacere nel frapporre ostacoli al desiderio delle due donne di ricondurre sulla retta via Eugenio e Flaminio. È Don Marzio, infatti, a far incontrare Flaminio e la ballerina Lisaura, la quale non sapendo di aver posato gli occhi su un uomo già sposato, spera di convolare a nozze con lui per poter così abbandonare il paese. Le macchinazioni del nobiluomo e l’avidità dei due giovani trovano però nell’integerrimo Ridolfo un fiero oppositore.

Secondo il regista Nicola Alberto Orofino “La bottega del caffè” possiede «un ottimismo che è proprio del Secolo dei Lumi. Ma si sa, il grado di immortalità di uno scritto risiede nella capacità di essere permeabile a qualsiasi epoca storica, di riuscire a parlare “alle pance” in tutti i tempi, e leggere oggi questa commedia con uno spirito illuministico sarebbe un’ingenuità imperdonabile. I nostri tempi non possono che avere una visione disincantata del ceto mercantile attaccato al proprio meschino tornaconto, grettamente conservatore, ottusamente autoritario e violento. L’elegante divertimento, pieno di deliziosa “grazia” settecentesca rivela un fondo più duro, sgradevole e impietoso».

 

 
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