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SUPPLICI A PORTOPALO: un progetto di teatro civile

“SUPPLICI A PORTOPALO”, DALLA TRAGEDIA DI ESCHILO ALLE PAROLE DEI RIFUGIATI,  IN SCENA AL TEATRO VITTORIO EMANUELE DI MESSINA Il 2 MARZO



regia di GABRIELE VACIS
ideazione e drammaturgia di MONICA CENTANNI
con VINCENZO PIRROTTA

Ambientazione scene e suono di Roberto Tarasco
Collaborazione alla drammaturgia di Anna Banfi
Video di Michele Fornasero
Coordinamento di Lidia Gavana e Antonia Spaliviero
Ufficio stampa e comunicazione di Laura Artoni

L’abbiamo visto e apprezzato nello spettacolo inaugurale della stagione di “Paradosso sull’Autore, “La ballata delle balàte”, adesso Vincenzo Pirrotta apre un altro cartellone, chiamato “Auctoritas”, sempre curato da Dario Tomasello e sempre nella Sala Laudamo. Lo spettacolo è “Supplici a Portopalo”, che Monica Centanni ha tratto da Eschilo, con la regia di Gabriele Vacis, in scena il 2 marzo per due repliche (ore 17,30 e 21.00).

In foto Vincenzo Pirrotta

Il sottotitolo è quanto mai esplicativo dell’argomento, attualissimo, di questa produzione: “Dalla tragedia di Eschilo alle parole dei rifugiati”. Lo spiega molto bene la Centanni, docente alla Università IUAV di Venezia e studiosa di letteratura greca e tradizione classica: “Eschilo compone le Supplici intorno al 460 a.C.: il racconto inizia con uno sbarco, lo sbarco di un gruppo di migranti in fuga dal proprio paese, l’Egitto, giunti a chiedere asilo in Grecia al re della città, e si conclude con la decisione dell’intera città greca di accogliere gli esuli come ‘astóxenoi’ (stranieri e insieme nuovi cittadini), in nome dei diritti sacri dell’ospitalità. Portopalo è una città di frontiera sulla punta estrema della Sicilia, un piccolo paese che vive in prima linea la realtà degli sbarchi e il problema dell’accoglienza, un paese in cui una piccola comunità di pescatori e di contadini è costretta a misurarsi con una legislazione ambigua, a fare i conti con norme restrittive e violente che non fanno parte del codice tradizionale delle genti di mare. Portopalo è lo scenario in cui le parole antiche di Eschilo e i racconti dei migranti del nostro tempo acquistano una nuova vitalità. Il testo di Eschilo si intreccia e si confonde con le tragiche testimonianze dei migranti che esuli dai loro paesi, in fuga dalla guerra, dalla fame e dalla carestia, dopo viaggi estenuanti per terra e per mare giungono sulle coste del nostro Mediterraneo, a chiedere asilo, a cercare una nuova patria. Così il racconto teatrale si fa orazione civile e riflessione collettiva. Il teatro recupera in questo modo la funzione originaria che aveva nell’Atene del V secolo a.C.”.

In questi giorni, l’arrivo a Lampedusa di migliaia di rifugiati in fuga da difficili situazioni politiche e alla ricerca di una stabilità esistenziale che nel loro territorio attualmente non possono trovare, rende ancora più rilevante il ruolo di uno spettacolo che punta sulla stretta attualità per riscoprire i valori più antichi e più sacri dell’umanità.

Sala Laudamo, 2 marzo 2011, ore 17.30 e 21.00

Prezzi: posto unico 10 euro, ridotto 6 euro

APPROFONDIMENTI E RECENSIONI

Eschilo compone le Supplici intorno al 460 a.C.: il racconto inizia con uno sbarco, lo sbarco di un gruppo di migranti in fuga dal proprio paese, l’Egitto, giunti a chiedere asilo in
Grecia al re della città, e si conclude con la decisione dell’intera città greca di accogliere gli esuli come astóxenoi ‘stranieri e insieme nuovi cittadini’, in nome dei diritti sacri
dell’ospitalità.
Portopalo è una città di frontiera sulla punta estrema della Sicilia, un piccolo paese che vive in prima linea la realtà degli sbarchi e il problema dell’accoglienza, un paese in cui
una piccola comunità di pescatori e di contadini è costretta a misurarsi con una legislazione ambigua, a fare i conti con norme restrittive e violente che non fanno parte del
codice tradizionale delle genti di mare. Portopalo è lo scenario in cui le parole antiche di Eschilo e i racconti dei migranti del nostro tempo acquistano una nuova vitalità.
Qual è il ruolo del teatro oggi? Può una tragedia di Eschilo, un’opera di 2500 anni fa raccontare il nostro presente? Quante Portopalo ci sono in Europa? E quanto a lungo può
continuare questo racconto?
Il testo di Eschilo si intreccia e si confonde con le tragiche testimonianze dei migranti che esuli dai loro paesi, in fuga dalla guerra, dalla fame e dalla carestia, dopo viaggi estenuanti
per terra e per mare giungono sulle coste del nostro Mediterraneo, a chiedere asilo, a cercare una nuova patria. Così il racconto teatrale si fa orazione civile e riflessione
collettiva. Il teatro recupera in questo modo la funzione originaria che aveva nell’Atene del V secolo a.C. Oggi come allora, il teatro ha senso soltanto se ‘ricorda’ il suo originario ruolo politico.

Monica Centanni
docente alla Università IUAV di Venezia e studiosa di letteratura greca e tradizione classica

MONICA CENTANNI
Filologo classico di formazione, è studiosa del teatro antico (drammaturgia, strutture, funzione politica della tragedia greca; riprese del dramma classico nel Novecento); di civiltà tardo antica (il romanzo ellenistico e il passaggio tra paganesimo e cristianesimo); di storia della tradizione classica nella cultura artistica e letteraria, dall’antico al contemporaneo. Su questi temi è autore di studi, traduzioni e monografie, e ha curato mostre ed eventi teatrali. È professore associato di Letteratura greca presso l’Università
IUAV di Venezia e coordina le attività del Centro studi ClassicA “Architettura, civiltà e tradizione del classico”. Fa parte del Consiglio della Fondazione I.N.D.A. (Istituto Nazionale del Dramma Antico). Dirige la rivista on line “Engramma. La tradizione classica nella memoria occidentale”.
GABRIELE VACIS

Regista teatrale, è tra i fondatori della Cooperativa Laboratorio Teatro Settimo. Ha curato la regia di spettacoli quali Libera nos ispirato alle opere di Luigi Meneghello; Novecento; Canto per Torino, Olivetti, drammaturgia di Laura Curino e Gabriele Vacis; Totem. Letture, suoni, lezioni, con Alessandro Baricco. Ha curato la regia degli spettacoli Stanca di guerra e Un’altra storia con Lella Costa. È autore con Marco Paolini degli spettacoli Adriatico, 1987; Liberi tutti, 1991; e Il racconto del Vajont, 1994, Premio UBU 1995 per il teatro civile. Ha promosso festival teatrali e diretto le regie di opere liriche; dal 1987 tiene seminari alla Scuola d’Arte Drammatica “Paolo Grassi” di Milano e dal 1995 insegna lettura e narrazione orale presso la scuola “Holden” di Torino. Dal 2002 al 2006 è regista stabile del Teatro Stabile di Torino. Dal 2008 è direttore artistico del Teatro Regionale Alessandrino, per cui ha creato gli spettacoli SynagoSyty e Viaggiatori di pianura.

VINCENZO PIRROTTA
Allievo di Mimmo Cuticchio, Vincenzo Pirrotta, puparo e cantastorie palermitano, è un erede della tradizione dei cuntisti, e lavora alla perpetuazione di questa arcaica tradizione siciliana con sperimentazioni teatrali e artistiche contemporanee. Diplomato alla scuola di
teatro dell’ I.N.D.A.(Istituto Nazionale del Dramma Antico), dal 1990 al 1996 ha realizzato una serie di spettacoli classici del teatro Greco di Siracusa. Come attore ha lavorato con registi quali: Giancarlo Sbragia, Mimmo Cuticchio, Salvo Licata, Roberto Guicciardini, Sandro Sequi, Giancarlo Sepe, Pasquale De Cristofaro, Gabriele Lavia, Mario Martone,
Roberto De Simone.
Come autore il suo lavoro si inserisce nell’articolato tessuto dei grandi autori/attori monologhisti italiani. Ha diretto e interpretato le Eumenidi di Eschilo nella traduzione di P.P. Pasolini, riproposta in siciliano, per la biennale di Venezia 2004. Ha firmato la regia del Ciclope di Euripide nella traduzione siciliana di Pirandello, messo in scena nel Teatro Greco
di Palazzolo Acreide (Siracusa) per il XLI Ciclo di rappresentazioni classiche della Fondazione I.N.D.A.

 
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